Forse nessuna influenza, nessuna dominazione straniera, nessun movimento culturale ha tanto segnato il modo di vivere, gli usi e i costumi dei popoli della Val d’Agri quanto la compenetrazione in questi luoghi dei monaci bizantini, abitualmente chiamati monaci basiliani (benché di fatto San Basilio non abbia mai fondato un proprio ordine religioso).
I monaci arrivarono in Basilicata al seguito di Belisario, il condottiero che l’imperatore Giustiniano aveva investito nel VI sec. d.C. del compito di riportare in auge la fede cristiana contro l’arianesimo dei barbari invasori.
È però dopo la calata dei Longobardi, dopo l’abbandono dei primi rifugi, dopo che si videro costretti a ritornare in quei luoghi per difendere loro stessi e ogni immagine sacra dalla furia iconoclasta degli invasori, che si avviò il fenomeno chiamato seconda ellenizzazione e che più influenzò la fusione di culture operata dai monaci in tutto il Sud Italia.
Il contributo dei basiliani
I basiliani fondarono una serie di comunità monastiche finalizzate alla preghiera e al lavoro, edificando dei centri di culto che irradiavano la propria influenza su tutte le zone circostanti.
Essi si integrarono perfettamente nel tessuto sociale delle genti che gli avevano dato albergo e cui essi offrirono il conforto dell’anima e la cura dei corpi, nonché l’insegnanento delle arti agricole (un esempio fra i molti, la tecnica del terrazzamento), e di quelle classiche più in generale: basti menzionare gli affreschi rupestri, tuttora ammirabili, che imbellivano le grotte in cui dimoravano, o gli strumenti musicali che avevano introdotto alle genti locali, tra cui il sambukè, una sorta di cetra che essi suonavano e si fabbricavano da soli, fatta di sambuco e interiora di animali, la cui naturale evoluzione sarebbe stata la famosa arpicella viggianese.
I basiliani e la Madonna Nera
L’affetto filiale per la Vergine è un’altra delle peculiarità che caratterizzarono i loro insegnamenti: essi stuzzicarono in qualche modo la religiosità popolare dei fedeli al punto di indurli a rischiare la vita per nascondere le sacre icone, come quella della Madonna Nera di Viggiano, interrandole o riponendole in grotte per proteggerle da distruzione certa da parte dei Longobardi o dei Saraceni.
I ritrovamenti di molte di queste reliquie sono accompagnati da storie miracolose: si narra che bagliori di luce ultraterrena indicassero l’ubicazione esatta del nascondiglio della sacra immagine della Madonna Nera ai pastori che la ritrovarono, e ciò contribuisce ancora oggi a conferire una tinta un po’ mitica (oltre che mistica) al ricordo dei basiliani.