La realizzazione dei falò in onore di San Giuseppe è una tradizione che accomuna molti paesi della Basilicata, anche in Val D’Agri è una pratica diffusa in diversi comuni, ma a Moliterno assume delle sfumature, delle particolarità, che vale la pena raccontare. Partiamo innanzitutto dal nome: i “fucaruni”, che letteralmente significa grandi fuochi… al plurale! Qui a Moliterno, infatti, non viene realizzato solo un grande falò, ma ogni rione realizza il suo, creando così una costellazione di fuochi per tutto il paese. In aggiunta, in passato, il tutto non si esauriva in una singola serata, ma in due; occupava sia la sera del giorno di festa che quella della vigilia, che rappresentava proprio l’evento più significativo.
Innanzitutto, bisognava trovare la materia prima, la legna per fare il fuoco. La maggior parte del materiale arrivava dalla potatura degli alberi delle proprietà private, come per esempio le vigne, i ragazzi del rione si ritrovavano in gruppi e svolgevano insieme questa mansione. Poteva anche capitare che qualcuno girasse di casa in casa per chiedere qualche ceppo o qualche vecchio mobile ormai inutilizzato, da poter aggiungere. Infine, non mancava mai la ginestra, una pianta che è diffusissima su tutto il territorio moliternese.
Tutte le generazioni hanno partecipato almeno una volta e raccontano quest’esperienza con il sorriso e con orgoglio, perché questa che raccontiamo non è soltanto una tradizione, ma una vera e propria sfida! La sera della vigilia, infatti, ogni rione accendeva il suo falò al suono dei rintocchi della campana delle 19.00, ma durante la serata si andava a vedere il lavoro realizzato dagli altri, decretando così goliardicamente il migliore del paese.
Come in ogni occasione di ritrovo che si rispetti, non poteva mai mancare un buon bicchiere di vino locale per accompagnare del buon cibo, preparato dalle sapienti mani delle donne di ogni rione, contribuendo così ad una cena di comunità dove ognuno portava qualcosa, senza dimenticare le protagoniste: le tipiche zeppole di San Giuseppe, i dolci che caratterizzano la tavola di questo giorno di festa, sempre presenti!
Il tutto era accompagnato da musica, canti e balli, che rendevano le serate una vera festa! Grazie al Gruppo Folk “U Cirnicchiu”, che si impegna a mantenere vive le danze che hanno accompagnato momenti significativi per la vita del paese, veniamo a conoscenza di una danza dedicata proprio a questa tradizione, “’O ballu re fucaruni”, in cui i ballerini si esibiscono con delle torce accese.
La seconda sera ci si trovava nuovamente attorno alla catasta, ormai rimasta brace, e vi si arrostivano delle patate; cibo semplice ma gustoso! Scavando ancora più a fondo, risaliamo ad un’usanza antica che prevedeva di portare un po’ di brace a casa, come simbolo, perché considerata benedetta e di buon auspicio, ricordando San Giuseppe che girava di casa in casa a chiedere un po’ di brace per poter scaldare il Bambino Gesù.
Come arde il fuoco dei fucaruni, così ricordiamoci di mantenere sempre viva la fiamma delle tradizioni, che scaldano il cuore e che rendono questi luoghi magici e speciali.